MILANO. «Faccio un appello al giudice per un gesto di clemenza nei confronti di questa donna a cui va tutta la mia solidarietà». A lanciare l’appello per la mamma che ha dimenticato in auto la sua bimba di due anni, è Alessandra Lancellotti, psicologa e psicoterapeuta della famiglia, della coppia, del bambino e dell’adolescente. Dottoressa Lancellotti, questa insegnante non ha mai sofferto di problemi psichici.
Allora cosa può esserle accaduto?
«Il problema è che il trade-off donna, lavoro, figli, casa, è talmente pressante da poter schiacciare qualsiasi tipo di equilibrio. Le donne colte e in carriera pensano così tanto al loro lavoro che a volte si dimenticano dei figli e per amore del lavoro possono commettere degli autogol clamorosi. Donne che lavorano tanto, che hanno tanti figli sulle spalle e oltre a questi anche la casa e il marito possono perdere il controllo della situazione ma, intendiamoci, non dell’amore».
Insomma, il rischio è che le donne che lavorano e hanno una famiglia di cui occuparsi, magari numerosa come quella di Lecco, non ce la facciano più a seguire tutto?
«Questo è uno nuovo capitolo drammatico. Una volta le donne erano più aiutate anche in famiglia. Nel caso specifico bisognerebbe conoscere meglio la situazione, ma il fatto è che adesso se non vengono aiutate e sostenute in modo adeguato, le mamme che lavorano possono andare in depressione o, appunto, perdere il controllo della situazione arrivando a dimenticanze letali come questa».
Questo significa che quanto accaduto a Lecco è solo la punta dell’iceberg di una situazione diffusa?
«Questa mamma rappresenta una classe di mamme lavoratrici. Sapendo cosa significa essere una donna che lavora, per di più nella scuola che erompe, e con una famiglia, le esprimo tutta la mia solidarietà e la abbraccio perchè a me il destino ha dato qualche chanche in più. Per questo lancio un appello pro-veritate al giudice per un atto di clemenza, un appello alla solidarietà per questa mamma che ora va oltremodo sostenuta come vanno sostenuti i suoi figli. Vorrei che sapesse che le voglio tanto bene e mi piacerebbe che tutte le donne che si sono identificate in quanto accaduto a lei le mandassero un attestato di affetto. Perchè adesso l’affetto è l’unica cosa che la può riconciliare un po’ con se stessa. Lei non si perdonerà mai». (m.v.)
La Gazzetta, 1 giugno 2008