Angela ha quattordici anni sei mesi e un giorno quando si accorge che sua madre ha una relazione con Roberto, ragazzo di dieci anni più giovane di lei. Adorava sua madre che era costretta, da quando la conosceva a fare vita dura con gli altri due fratellini, Marco di dodici anni e Luca di dieci. Il padre non lo conosceva. Le era stato detto che era partito per andare in Germania a cercare lavoro, Poi le era stato detto che si era trovato un’altra famiglia. Poi le era stato detto che aveva avuto altri figli. Amen. Si era improvvisata cuoca aiuto-madre e quasi marito di una madre severa e scherzosa, timida e aggressiva, insomma di una mamma che andava a lavorare alle sei di mattina per poter tornare a casa alle quattro del pomeriggio. Abitavano sulle alture di Prà, piccola frazione vicino a Genova, fatta di case di carton-gesso che tremavano a ogni bava di vento, e si inumidivano quasi a piegarsi quando c’era fitta pioggia. A Prà c’era anche molta gente di colore, tunisini, gente sbarcata da navi e treni, persone che vivevano di espedienti, che vendevano la moglie e le figlie a ore per poter sbarcare il lunario. Angela che aveva preso il posto di un marito immaginario aiutava come poteva la famiglia. Andava bene a scuola, poi stirava pantaloni e camicie ai fratelli e faceva sia la spesa che da mangiare. Un vero angelo! La madre, Alda, diceva spesso se non avessi questa bambina che mi aiuta, che cosa farei? Era lei che portava i fratelli a scuola e che guardava i loro compiti. Ma un giorno Alda incontra (ha quasi 40 anni ed è una donna non brutta, anche se provata dalla vita, esprimeva forza ed energia ) Roberto, camionista, trentenne, che le dà un passaggio a casa sulla Genova – Ventimiglia. Da principio se ne sta sulle sue, dice poche serrate parole, poi inizia a raccontare, su esplicita domanda di Roberto, tutta la sua storia. Di quando se ne rimase sola a casa coi tre figli. Senza lavoro. Senza, sapere che fare. Coi genitori che abitavano in Calabria e che non voleva che sapessero le sue disgrazie. Inizia, a poco a poco a sciogliersi e non si accorge neppure che le ore erano passate, e che era in ritardo di parecchio. Quando lo saluta, Roberto l’afferra per un braccio e le dà un bacio appassionato, come a dire, guarda che adesso ci sono io che ti proteggo! Inutile divincolarsi. Roberto, ragazzo robusto e forte, la tiene stretta, come stretto è il suo cuore vinto da tanta angoscia. Alda rimane immobile fra le sue braccia, come un filino di ferro. Alla fine si svincola, non dopo avergli dato l’indirizzo e il telefono. Angela, che stava a casa a stirare, quando vede la madre, l’aggredisce per preoccupazione, le chiede “ma che cosa ti è successo, ma cosa hai fatto?”. Alda le mente dicendo che il treno aveva avuto ritardo e poi si chiude in bagno, per poter stare un po’ sola. A pensare a quel filo di sole che le si era infilato addosso. Roberto aveva trent’anni, questo era un problema. Ma la sua voglia di avere qualcuno con cui parlare, qualcuno con cui confidarsi… ma cosa avrebbe detto Angela di questo qui? Questo era il suo problema. Angela non l’avrebbe perdonata, di questo era sicura, le avrebbe scatenato una guerra che neppure sua madre le avrebbe fatto. Doveva stare attenta, sentiva sul collo la sua attenzione, la sua cura, il suo amore, ma sentiva che tutto questo poteva trasformarsi in qualcosa di molto pericoloso e morboso. Sentiva soprattutto che sua figlia sarebbe potuta diventare così gelosa da strapparglielo questo bel ragazzo. Fu così che la madre iniziò a vedere Roberto sempre di nascosto. Angela sapeva ufficialmente che sua madre aveva un nuovo lavoro e che quindi doveva lavorare lei di più in casa. Paziente come un asino, ma triste si affaccendava coi fratelli, la casa e la scuola. Poi un giorno la vicina di casa incominciò a spifferare qualcosa. Ma chi è quel ragazzo bello grosso che accompagna sempre tua madre a casa? Non l’hai visto, non ti ha detto niente? Angela rabbrividì: non era possibile non era vero, sua madre glielo avrebbe certamente detto, non glielo avrebbe nascosto. E così furibonda e incavolata come una madre (o un marito?) gelosa, un giorno che Alda se ne venne a casa più tardi le disse fredda sul muso “Ti sei divertita almeno”? La madre non ci pensò due volte e le diede una sberla e le chiuse la bocca. Angela se ne andò di là e non disse una parola per tre giorni. Smise di preparare, di cucire, di stirare, di andare a scuola, di leggere e di mangiare. Se ne stava chiusa nella stanza a letto. La madre pensò “questi sono affari miei “, non di mia figlia e non ritenne né giusto e neppure opportuno, andarle incontro, spiegarle qualcosa, insomma creare una via di mediazione. Era stata conformata a una rigida educazione dove si doveva rispettare la madre, non pensava che i tempi chiedevano nuove regole alla sequenza generazionale. Si chiuse maggiormente nel suo segreto, in realtà favorendo piú la guerra che la pace. Un giorno poi, Angela decise di seguire sua madre per vedere questo suo nuovo uomo. E vide Roberto bello e forte come una roccia. Le venne ancora più il nervoso perché la sua gelosia si tramutò in invidia. Cambiò quindi strategia e tattica. Decise di “fare la brava” di riprendere quaderni e matite, di diventare un po’ più gentile e carina, tanto da dire alla madre in tono fintamente ingenuo: ”Ma perché non inviti Roberto a casa, in fondo…” La madre pensò che la figlia avesse capito e si fosse ridimensionata. Invitò Roberto a casa. Disse ai figli che era un suo nuovo amico. I figli maschi la guardarono come se fosse diventata matta. Angela raddoppiò in gentilezze premure. Si fece per la prima volta la coda di cavallo, si mise il gel, insomma divenne la straordinaria quindicenne che era, prosperosa come le belle giovani del sud, calde nello sguardo e nelle curve, timida e remissiva nella prepotenza del desiderio. Desiderava infatti, non Roberto, ma vendicarsi del fatto che sua madre non le aveva detto niente e che si era permessa il lusso di questa pausa. Nel giro si tre mesi fece in modo che Roberto al osservasse e che entrasse in confusione. Poi andò da un assistente sociale a piangere e a dire che il quasi convivente di sua madre la toccava nelle parti intime. L’assistente sociale fece verbale al Tribunale dei Minori, la relazione fu inoltrata al giudice per le indagini preliminari. Roberto fu diffidato dal mettere piede in quella casa. Ricevette una lettera dal Tribunale, in cui lo si convocava. Alda lo supplicò di partire per la Germania, sapeva che in Italia, un sospetto di quel genere era una certezza fredda come una lama, gliela avrebbero fatta pagare, anche se innocente. Angela che assaporava il frutto caldo di una vendetta a freddo venne portata in una comunità alloggio, dove si portano i figli che si autodeterminano nel dirsi sfortunati, vittime, prese della società. Alda ora telefona tutti i giorni a Brema, dove per fortuna il telefono costa la metà. L’angelo della casa aveva bruciato una famiglia e si era bruciata le ali: ma il fuoco fra Alda e Roberto non si era spento. Bene o male? Giusto o sbagliato? Alda decise che per la prima volta in vita sua non voleva avere sensi di colpa,non voleva abbandonare la gioia di avere accanto a sé Roberto, non voleva rinunciare all’amore. E si riprese una fetta di giovinezza, anche se dimezzata.
Oggi Magazine, 16 aprile 2000