Peccati di stagione. A colloquio con la psicoterapeuta Lancellotti
«La passione estiva fa volare chi la vive, il problema è l’ossessione del distacco»
di ROSSELLA MINOTTI
—MILANO— LA FIAMMA ESTIVA di una passione, le vacanze che bruciano in un istante troppo breve, l’autunno e l’amaro ritorno alla realtà. Storie vecchie quanto il mondo. Ne sa qualcosa Meryl Streep che nel bellissimo film «Mamma mia» ne vive tre in una sola estate, per ritrovare il vero amore solo vent’anni dopo.
L’amore delle vacanze, l’amore lontano. Cosa nepensa Alessandra Lancellotti, psicoterapeuta individuale e familiare?
«Cominciamo col dire che non siamo nella patologia. Tutti si innamorano d’estate. L’estate è il fuoco, la vita, o comunque lo stacco dal quotidiano».
Soprattutto i giovani.
«Invece può succedere in qualunque estate della vita, anche sulla soglia dei 60, e l’amore lontano può essere vissuto con grandissima nostalgia ».
Può esserci depressione?
«Non esageriamo, il problema vero è che oggi non ci si innamora più tanto. Le passioni sono sane, modellano le persone, le fanno volare. Invece le nuove generazioni vivono in genere in uno stato depressivo galleggiante, prendono subito tutto quello che vedono e non hanno più il “desiderium“ nel senso latino, della nostalgia di qualcuno appunto, anche della passione di un’estate».
E se l’amore lontano diventa ossessione?
«Diventa ossessione pervasiva e immanente, quindi patologica, quando non si è potuto elaborare bene l’edipo. Cosa vuol dire? Che se mi è mancato il padre o la madre, da piccolo, l’assenza di queste figure diventa un senso di perdita permanente che si trasforma in costante ossessione di non poter avere ciò che non si è avuto. Diventa come un rumore di fondo che si acutizza nei momenti della lontananza di un amore. In questo senso l’amore lontano è già un amore erduto e perdente, e il senso di malinconia è infinito. Attacca le radici della nostra stessa pianta, e riecheggia un dolore antico».
Come si argina il dolore?
«Dipende dalla capacità dell’ego di elaborare la frustrazione della lontananza, e quindi di contenere emozioni e dolori. Se ci sono dei valori, un obiettivo forte, ci si sente anche un po’ più eroi del solito. Quando sono fiamme dorate, belle. Quando si è trattato solo di un gesto sessuale che rispondeva a un bisogno fisiologico allora è solo ginnastica. E finito il tempo della ginnastica si resta come prima».
L’ossessione per l’amore lontano è più frequente nell’uomo o nella donna?
«Soprattutto nella donna. Più che nelle giovanissime direi nelle donne giovani, separate già con qualche bambino, ossessionate dall’idea di non riuscire più ad avere un nuovo partner. Hanno paura di vincere e quindi perdono, si bloccano e bloccano il futuro di una relazione».
Gli uomini?
«In questo senso sono più spesso seduttori che sedotti. Anche qui parliamo soprattutto di padri separati. Ci sono quelli che hanno un grande ego, fanno subito chiodo scaccia chiodo, e mettono in piedi queste famiglie allargatissime che poi sono dei disastri perché qualche iglio si perde nel frattempo. Oppure c’è chi ci ha rimesso le penne. Mutui da pagare, figli fatti vedere col lumicino o solo dietro il pagamento di certe cifre. Questi nutrono un tale rancore nei confronti delle donne che magari le seducono ma poi, castrati, a loro volta castrano. Sono giochi psicologici più forti della realtà relazionale. Mettere a posto questi giochi è il mio compito».
Rossella Minotti
Il Giorno, 30 settembre 2009