In orfanotrofio a 7 anni II delitto dei giudici

La psicoterapeuta analizza i disturbi comportamentali dei minori affidati agli istituti: smarriti, depressi e schizofrenici

Disegni, rami striminziti e buchi nel tronco dell’albero: non usa colori, anzi li scarta accuratamente. Il sole viene fatto esistere solo di un giallo pallido-pallido. È questo il risultato del “test dell’albero” che ho somministrato in primo colloquio ad Enzo, un bambino di otto anni, reo di avere due genitori che litigavano durante la separazione. I suo otto anni sono diventati quattro poiché egli ha subito un processo di regressione, come per tutti quelli che hanno paura e che dunque si fanno più piccoli di quel che sono. Rami striminziti e spezzati, mancanza di sole = mancanza di prospettive vitali, di energie psicologiche poiché in lui è stata fulminata la fiducia. Il sole rappresenta questa valvola straordinaria, motore del mondo, (la fiducia), che non esiste più. Il buco nel tronco significa invece la ferita al cuore, il trauma da allontanamento precoce dagli affetti più cari. Durerà tutta la vita, poiché sarà il suo imprinting primario. Ecco quello che è successo ad Enzo, bimbo che a sei anni veniva “temporaneamente” prelevato da casa e poi portato nelle case alloggio. Enzo, apatico e sfiduciato.

Dopo due anni eccolo qua, col cuore ferito per sempre, abulico, apatico, con un affettività resa ai minimi e dunque coartata. Soprattutto con zero fiducia negli adulti sentiti come persecutori e carnefici. Che fare per ridare calore e colore ai suoi anni futuri? Che dire ai suoi genitori, che comunque sono striminziti e impauriti quanto lui? Come Enzo, migliaia di bambini, sia chiaro. Ed ecco qui Kalina, bimba bulgara di sei anni, di una bellezza straordinaria, ma come addormentata in suo sogno da cui non riusciamo a destarla. Lei parla con personaggi inesistenti, parla usando la terza persona singolare, poichécosi si estranea dal dolore e lo sente di meno. La diagnosi psichiatricala definisce “depersonalizzazione in soggetto paranoideo” che tradotto significa che Kalina
non sa più chi e, e dunque, parla con l’immaginario dando dell’estraneo a sé stessa. È stata deportata da una famiglia di Sofia, immigrata a Lugo, che avendo problemi ogni tanto litigava e anche ad alta voce. Tanto che i vicini…
Kalina, quando vede la mamma abbassa gli occhi o guarda di traverso, come si guarda di traverso un nemico. Dentro di sé, pensa: se la mamma che è la mamma, non ha saputo difendermi, tanto vale estraniarsi del tutto, andare “fuori”.
Ma anche qui si impone una domanda tecnica anche per noi terapeuti: come è possibile ridare fiducia nelle relazioni primarie a bambini cosi interiormente massacrati e mutilati?
Come è possibile riparare ai danni causati dalle persone stesse deputate a difenderli? Ma oltre a smarrimento, paura, angoscia e dunque depressione, oltre a stati della mente che si avvicinano alla schizofrenia, come per il caso di Kalina, rifugiatasi nella depersonalizzazione per contenere la rabbia che le bolliva dentro, altre sono le patologie da “ghetto” di cui sono stata testimone.

Il caso di Simone
Come il caso di Simone B., 11 anni, di Monza. Egli, dopo aver passato quattro anni ad aspettare di ritornare a casa, almeno da uno dei due genitori, era diventato balbuziente, si strappava le palpebre, fino ad arrivare a ricoveri coatti. Piangeva e si disperava la notte. Fino a che, dopo un litigio marcato con un suo amico di collegio, diciamo così, lo aveva gravemente ferito con un corpo contundente (bottiglia). A seguito di questo litigio furioso, fu portato al: Beccaria «poiché le condizioni psicopatogiche del soggetto richiedevano un esame più approfondito al fine di una riabilitazione psicosociale». Scambiata (!) la causa con l’effetto, Simone, bambino impaurito, pieno di rabbia, fu trattato come un soggetto  deviante, e non come un bambino desideroso di ritornare dai suoi genitori. Ci sono bambini che non tornano indietro da questi inferni come dai treni di Trebìinka. Del resto: come migliorare quando la speranza di vedere i genitori senza la gestapo di mezzo si dimezza nel tempo? E come sarà possibile restituire fiducia e autorevolezza a genitori messi cosi in ginocchio? E come è possibile non uscire di senno, non diventare psicotici, quando i bambini rimangono su binari morti per mesi e mesi, senza sapere nulla del loro futuro…? Ma c’è anche di più. Una volta fuori questi bambini, ormai adultizzati in età precoce, non credono più in nulla, si rifugiano nelle droghe leggere o pesanti che siano. Ad essi è stata tolta la radice: penzolano come rami striminziti nel vuoto, con il terrore di essere fregati un’altra volta.

Libero, 20 aprile 2005

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